Sotto il titolo, niente.

P.S.B. 160218 MessaggeroIl titolo, “sparato” in apertura di prima pagina, è di quelli “forti”: “Debito e Irpef affondano Roma”. E giusto per non lasciare dubbi sull’amara sorpresa che questa mattina ha contribuito a far andare di traverso cappuccino e cornetto ai suoi lettori, il Messaggero aggiunge nel sommario: “voragine record di 13,6 miliardi nei conti del Comune”, lasciando intendere, in mancanza di ulteriori specificazioni, che questo sia il risultato dei 28 mesi di amministrazione di Ignazio Marino.

Ora, il dato in sé – i 13,6 miliardi di euro – è abbastanza corretto. Quello che non è corretto è l’uso disinvolto di questo dato alla vigilia dell’apertura ufficiale della campagna elettorale per il Campidoglio – quella, diciamo così, ufficiosa è in corso già da mesi, e senza esclusione di colpi bassi e bassissimi, come ben sappiamo – e delle primarie o pseudo-tali del PD. Come peraltro si ritrova poi nell’articolo, la “voragine” c’è, ma non è negli attuali conti del Comune né ha nulla a che vedere con l’ultima amministrazione legittima di Roma capitale: quei 13,6 miliardi di euro rappresentano la quota che ancora incombe sui romani e sui loro portafogli del debito accumulato negli anni delle spensierate amministrazioni Rutelli prima e Veltroni poi. Debito che con l’arrivo di Gianni Alemanno in Palazzo Senatorio – è lo stesso Messaggero che, alla fine, ce lo fa sapere – è stato “stralciato” dal bilancio del Campidoglio grazie a una legge fatta approvare dal governo Berlusconi che creò una sorta di bad company “per cercare di infettare il meno possibile i conti dell’ordinaria
amministrazione della Capitale”.

Il buco vero era allora molto più vasto e profondo dei 12 miliardi di euro stimati da Alemanno, quasi il doppio. E in realtà, se oggi il debito è sceso ai famosi 13,6 miliardi, una buona fetta di merito è di Ignazio Marino e della sua amministrazione, la prima che ha concretamente ridotto – e non ulteriormente aumentato, come ha invece fatto Alemanno – il debito “storico”.

Se è vero – e in parte sicuramente lo è – che Roma è pesantemente zavorrata da un debito che sta peraltro puntualmente ripagando, forse varrebbe la pena che i valenti colleghi del Messaggero – e anche gli iscritti e i sostenitori ancora intenzionati a partecipare alle primarie-farsa del PD – ponessero qualche domanda scomoda alla “star”, quel Roberto Giachetti che del sindaco spendaccione Francesco Rutelli, principale artefice del debito che ognuno di noi sta ripagando di tasca propria, è stato per ben due consiliature il capo di gabinetto, e al pur incolore e rassegnato comprimario, più che antagonista, quel Roberto Morassut che del poco parsimonioso sindaco Veltroni è stato per anni fedele assessore.

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Un pensiero riguardo “Sotto il titolo, niente.

  • febbraio 20, 2016 in 12:12 pm
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    Il debito di 13 miliardi è storico e corretto. Bene. Serebbe bene che qualcuno conteggiasse anche quanto ha perso il Comune di Roma in anni e anni di affitti del proprio patrimonio a canoni risibili…

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