Colosseo e Fori, il record di visitatori e la pedonalizzazione che viene da lontano

L.D. 16 gennaio 2016

Fino a pochi anni fa era ridotto a fare da spartitraffico. Nel 2015 invece il Colosseo è stato il secondo sito archeologico più visitato al mondo, con 6.600.000 ingressi, preceduto solo dalla Grande muraglia cinese. E questo nonostante il 2015 sia stato un anno difficilissimo per Roma e per la sua amministrazione comunale, sottoposte a una martellante campagna di denigrazione a livello globale culminata in autunno con il colpo di mano che ha fatto cadere il sindaco Ignazio Marino e la sua giunta e sospeso di fatto la democrazia nella capitale. Nonostante tutto questo, l’area archeologica del Colosseo-Fori Imperiali è stata gratificata da un incremento d’ingressi del 5,7% rispetto al 2014, più di quelli messi a segno da siti meta a loro volta di centinaia di migliaia di visitatori come Castel Sant’Angelo e Villa Borghese.
Questa apparente contraddizione ci permette di giustificare una riflessione che vada oltre i numeri e cerchi il senso di una comprensione del vivere la città capace di animare il progettare il vivere comune.
Il Colosseo è il simbolo della Capitale e ha in sé un fascino misterioso. Ogni romano, ogni turista viene immerso in un miracolo architettonico, superstite della storia, luogo per alcuni sacro, in cui cultura e fede s’incontrano e scontrano nella memoria di un impero in questi luoghi ancora ben visibile.
La bellezza di questo monumento, simbolo della Roma imperiale e della Roma capitale, vive nell’immaginario del mondo, lo rende unico e affascinante, imponente e grandioso come non si era immaginato, tanto che l’Arco di Costantino, lì a due passi, sembra al confronto piccolo, minuto, quasi spaventato.
Il turista cerca il mito, ma Roma per tanti anni è stata la Roma dei finti centurioni, dei camion bar, del traffico che accerchiava e soffocava il Colosseo, una serie di sfregi a quel luogo che dev’essere preservato, valorizzato, curato come si cura ciò che è prezioso per renderlo più bello possibile.
Ecco la pazzia lungimirante di Ignazio Marino, sindaco strano perché si muove in bicicletta in una Roma caotica, perché come primo atto appena insediato in Campidoglio ha voluto avviare la pedonalizzazione dei Fori e del Colosseo, che nel suo guardare lontano ha voluto curare, portare allo splendore massimo quel monumento famoso in tutto il mondo, culmine di uno spazio, una zona, in cui Roma è rimasta la Roma imperiale.
La scelta di Marino è stata definita bizzarra, insensata, improvvisata. In realtà l’ultimo sindaco legittimo di Roma ha cercato di portare a compimento un progetto lanciato negli anni 70 dall’allora sindaco e grande storico dell’arte Giulio Carlo Argan insieme agli urbanisti Antonio Cederna, Italo Insolera, Leonardo Benevolo e ad Adriano La Regina. Fu in particolare Antonio Cederna a scrivere, nel 1979, che “è assolutamente necessario eliminare il traffico dal centro archeologico di Roma e costituire una spina verde che dal Colosseo e dall’Arco di Costantino si spinga fin verso piazza Venezia”
Fu in quegli anni, insomma, che si pose il quesito «O le automobili, o le persone». Quesito accolto dal successore di Argan, il comunista Luigi Petroselli, che il 30 dicembre 1980 ottenne il sì della giunta al progetto.
La prematura scomparsa di Petroselli appena nove mesi dopo fece arenare il progetto. Ci sono quindi voluti quasi 35 anni, 7 sindaci, 5 commissari perché un nuovo sindaco, non per nulla detto “il marziano”, avesse il coraggio di puntare su un’area archeologica preservata e offerta sì al turista di passaggio a Roma, ma soprattutto al cittadino romano che può passeggiare tranquillamente da piazza Venezia, attraversando i Fori imperiali per sentirsi portato nel passato, quel passato di una Roma caput mundi, vedendo in lontananza il colosso ingrandirsi fino al maestoso simbolo della nostra Roma.
La lungimiranza di questo progetto si riconosce nella valorizzazione di tutta l’area dei Fori imperiali a oggi visitabile dall’interno fino alle terrazze sul colle Palatino delle terme di Caracalla con vista sul Circo Massimo.
Roma restituita ai romani e al mondo non è solo retorica elettorale, bensì una realtà di cui tutti possono godere, con ampio respiro, come in un museo a cielo aperto per il quale vale la pena essere giunti fino a Roma da tutto il pianeta.
Si trova il senso di una decisione non comoda, che scontenta alcuni, ma nel rendere innegabile la bellezza, non più deturpata dall’abusivismo e dal traffico cittadino, contribuisce all’eternità di una città che ha nella sua eredità storica, monumentale, culturale il dono gratuito, invidiato da molti, a cui non si può non rispondere se non con la responsabilità e il compito di difenderlo e amarlo, affinché sia di tutti.
Pedonalizzare i Fori imperiali non è stato il capriccio di un sindaco ciclista o marziano, bensì una scelta presa a ragion veduta per il bene di Roma: il bene del suo straordinario patrimonio culturale ma anche il bene di un’economia che da una gestione adeguata di quel patrimonio può trarre slancio e benessere per tutti i romani.

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