Farmacap: le bugie hanno le gambe corte

Indagato per aver calunniato, diffamato e minacciato Simona Laing, ex direttrice generale di Farmacap, l’azienda farmasociosanitaria capitolina che possiede 44 farmacie a Roma e da lavoro a 344 dipendenti. L’indagato è l’avvocato Angelo Stefanori, dello staff dell’ex assessore al bilancio Mazzillo, nominato commissario straordinario di Farmacap dalla giunta Raggi.

La storia, per chi non la ricordasse (vedi intervista), è quella di una azienda comunale trovata dall’amministrazione Marino in passivo di 2 milioni di euro (2014); l’assessore di quella giunSimona Laing Romata Francesca Danese chiamò a risanarla nell’agosto 2015 Simona Laing, che già aveva lavorato al riordino dei conti di Farcom, la municipalizzata delle farmacie di Pistoia. Il risultato fu che la Laing chiuse il bilancio 2016 di Farmacap con un attivo di 530 mila euro, e liberò l’azienda da alcuni impiegati sorpresi ripetutamente a rubare farmaci.

Una storia di “ordinaria buona amministrazione”, che si opponeva alle logiche spartitorie e clientelari che avevano inquinato indisturbate la gestione del Comune di Roma fino all’arrivo di Ignazio Marino e che, di li a poco, si sarebbero evidenziate in tutta la loro drammaticità con le indagini su mafia capitale.

Nel segno del restauro di vecchie logiche (come ad esempio per le vicende Tredicine, Cerroni, Polizia Municipale, ATAC) la giunta Raggi, con la nomina di Stefanori a commissario straordinario, ha sperato di ottenere lo scopo di spargere fango sull’operato della precedente amministrazione, fermando al contempo il risanamento di una azienda che fino alla nomina della Laing era servita solo a scaricare sui romani i costi del clientelismo amministrativo.

Angelo Stefanori appena si insedia licenzia la Laing, denuncia appalti gestiti in modo opaco e da una direttrice corrotta con mazzette, mette in discussone il bilancio aziendale da lei approvato, accuse infamanti che lo portano ad affermare che quando vede qualcuno che compie atti illegali “lo asfalta”.

Ce n’è abbastanza per un intervento dei NAS i quali, dopo mesi di indagini, appurano che la Laing ha gestito gli appalti in modo trasparente e legale (oltre che redditizio per l’azienda) e che il bilancio era regolare.

A questo punto il P.M. Nadia Plastina non può che iscrivere Stefanori nel registro degli indagati per calunnie, minacce e diffamazione.

Simona Laing, scagionata da accuse infamanti costruite ad arte, ha annunciato che impugnerà il licenziamento (il suo contratto scadeva nel 2018) e chiederà il sacrosanto risarcimento che merita. Resta da augurarsi che a pagare questa volta non siano i romani, ma che il Giudice faccia gravare le spese sull’avventato commissario calunniatore o, se preferite, sulla giunta pentastellata che lo ha genialmente nominato.

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