La Direttiva Bolkestein e la mozione del Movimento 5 stelle: chi vuole davvero “cambiare tutto”?

Emilia La Nave 3 novembre 2016

bancarelleIl consiglio comunale di Roma ha approvato con 41 presenti, 38 votanti, 31 favorevoli e 7 contrari (i consiglieri PD, Lista civica Giachetti e lista Marchini) la mozione n. 28/2016 (a firma dei consiglieri Coia, Seccia, Ferrara, Terranova e Angelucci) che impegna “la sindaca ad attivarsi presso il governo al fine di ottenere una proroga delle concessioni dei posteggi su aree pubbliche fino all’anno 2020 e affinché utilizzi tutti gli strumenti idonei alla modifica della parte relativa al commercio su aree pubbliche della direttiva 2006/123/CE (c.d. “Bolkestein”) e del decreto legislativo n. 59/2010 che la recepisce”.

Questa mozione, fortemente voluta dal presidente 5stelle della commissione Commercio, Andrea Coia, ha lo scopo di ottenere non solo uno slittamento dal 2017 al 2020 dell’entrata in vigore della Direttiva Bolkestein per quanto riguarda le concessioni di commercio su suolo pubblico, ma auspica un intervento normativo che le escluda definitivamente dalla direttiva. Ovvero: che per quanto riguarda le concessioni delle bancarelle romane, molte delle quali riconducibili a poche e ben note famiglie, tutto rimanga immutato.

Ma che cos’è la Bolkestein? La direttiva 2006/123/CE, conosciuta come direttiva Bolkestein, è una norma comunitaria nata con l’obiettivo di facilitare la circolazione dei servizi all’interno dell’Unione Europea che s’inserisce nello sforzo generale di far crescere competitività e dinamismo in Europa. La Bolkestein non intende disciplinare nello specifico l’ampio settore dei servizi ma si propone come un direttiva-quadro, che pone poche regole molto generali e lascia agli Stati membri la decisione su come meglio applicare i principi da essa enunciati. Questa direttiva è stata recepita dall’Italia con il decreto legislativo n. 59 del 2010.

Grazie all’entrata in vigore di questa direttiva le concessioni di commercio su suolo pubblico non potranno più essere rinnovate automaticamente come è avvenuto fino a ora ma dovranno essere periodicamente riassegnate attraverso bandi pubblici, i cui criteri sono stati definiti nell’intesa raggiunta dalla conferenza unificata Stato-Regioni del 5 luglio 2012.

Sebbene l’emanazione di questa direttiva abbia creato preoccupazione tra le associazioni di categoria, l’accordo Stato-Regioni tutela in gran parte gli operatori esistenti: le concessioni in essere sono state prorogate fino al 2017, anno in cui queste saranno messe a bando con criteri che comunque tengono conto dell’anzianità d’esercizio (cui verrà assegnato un punteggio fino al 40% del valore complessivo). Anche la durata delle concessioni (fino a 12 anni) è pensata per permettere di ammortizzare di eventuali investimenti iniziali dell’impresa.

Per modificare le regole d’attuazione della direttiva Bolkestein occorrono interventi normativi di pari grado, ovvero al livello nazionale ed europeo, e ben poco possono fare i Comuni.

La mozione approvata oggi dall’assemblea capitolina somiglia quindi molto a una restituzione di promesse elettorali più che a un atto con una reale efficacia. Ma preoccupa molto per il suo significato politico.

Questa volontà di conservazione rischia di far perdere a Roma un’occasione unica: in una città dove il commercio su suolo pubblico si è sviluppato in maniera disorganizzata, spesso in conflitto con il rispetto del vigente codice della strada e pensato per una città che nel frattempo si è trasformata, il 2017 potrebbe rappresentare un’opportunità epocale per mettere ordine in una situazione fuori controllo e per pensare a una rifunzionalizzazione di alcune aree del commercio ora in sofferenza, come ad esempio i mercati rionali.

Questo però richiederebbe un enorme sforzo della macchina organizzativa e una chiara visione politica dei nostri amministratori per un progetto di città moderna ed europea.

Per il momento l’amministrazione romana si trova in forte ritardo, e le linee politiche sembrano ancora molto confuse. L’assessore alle Attività produttive, Adriano Meloni, oggi non era presente in aula durante tutta la discussione, e spesso le sue dichiarazioni sono parse in contrasto con il presidente della commissione Commercio, Coia. Quale sarà la sua posizione in merito?

Vogliamo “che tutto cambi” o “che nulla cambi”?

 

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