un porto accogliente, un porto sicuro

Con buona pace dei ministri di interno e infrastrutture, l’Italia non è solo la nazione dei respingimenti e delle chiusure dei porti (ora anche degli aeroporti); e se fino a ieri a sostenere il rispetto della vita nel Canale di Sicilia, anche di quella dei disperati, c’erano solo la Marina Militare e la Guardia Costiera, dal 4 ottobre ha preso il via una operazione italiana, che si chiama mediterranea ; non parliamo di una ONG ma, come la definiscono i suoi fondatori, di una ANG (azione non governativa), una “piattaforma di realtà della società civile” la cui missione è quella di monitorare e denunciare il dramma della disperazione in mare ma anche, in caso di necessità, di prestare opera di Search and Rescue (SAR) cioè ricerca e soccorso di natanti in difficoltà.

“Ammiraglia” dell’operazione è una nave che batte bandiera italiana, la “Mare Jonio”; si tratta di un rimorchiatore (cioè di una di un piccolo battello che aiuta le grandi navi ad ormeggiarsi nei porti in sicurezza) di 37 metri di lunghezza, velocità di crociera 10 nodi, che è stato varato nel 1972 e revisionato e attrezzato col necessario per affrontare la sua missione nei mesi di agosto e settembre 2018.

“Mare Jonio” è un rimorchiatore d’altura varato nel 1972; è lungo 37,55 mt, largo 9 mt, pescaggio 4,5 mt, dislocamento 320 t. La sua velocità di crociera è 9,9 nodi e l’equipaggio è composto da 11 persone, 4 delle quali destinate alla conduzione della nave. E’ previsto che le diverse missioni in mare durino 15 giorni ciascuna.

L’equipaggio è composto da 11 persone compreso il personale sanitario volontario, a poppa è stato posizionato un container di primo soccorso.

Purtroppo per il Ministro dell’Interno dietro l’operazione non c’è il magnate ungherese Soros (un personaggio che lo ossessiona), ma un gruppo di persone che hanno volontariamente deciso di impegnare energie, coraggio e denaro personale per dare una risposta democratica e umanitaria all’arroganza, al sovranismo e alla xenofobia dell’attuale governo.

Il costo dell’operazione è di 480 mila euro di cui 350 mila solo per l’acquisto del rimorchiatore (1), e il denaro è stato reperito attraverso donazioni volontarie e con un prestito di Banca Etica a garanzia del quale ci sono gli stipendi di Nicola Fratoianni, Erasmo Palazzotto, Rossella Muroni (LeU) e Nichi Vendola. Al loro fianco sono associazioni come ARCI, Baobab experience, Ya Basta e ONG come Open Arms e Sea Watch.
Noi di ParteCivile sentiamo di aderire all’iniziativa e ci impegneremo a sostenerla e diffonderla; crediamo sia giunto il momento di affiancare alla denuncia e alla protesta nei confronti delle inumane politiche di respingimento anche azioni propositive e costruttive; e non può che inorgoglirci il fatto che uomini politici progressisti e di sinistra mettano in gioco se stessi (e il loro portafoglio) per essere presenti, in prima persona, a sostegno degli ideali che ci accomunano.
Da parte sua il capo del Viminale si è limitato a dichiarare che “Mare Jonio è una nave di scalcagnati che va a prendere tre merluzzetti”, mentre un esponente della lega veneta, Gianantonio Da Re, confida “nell’ira di Giove Pluvio, in mareggiate forza 7 e che la nave vada a fondo” (1).

“Mare Jonio” è salpata per la sua prima missione il 4 ottobre e attualmente guida un gruppo di 4 imbarcazioni (con lei sono “Astral”, “Iana” e “Burlesque”) che pattugliano il Canale di Sicilia in prossimità delle acque territoriali libiche. A noi piace immaginare che quel vecchio rimorchiatore del ’72, per sua natura adibito a portare le grandi navi ad un ormeggio sicuro sulla banchina, contribuisca a riportare nave Italia nell’accogliente porto della civiltà e del rispetto dei diritti umani.

Riccardo Gilli

(1) fonte PressReader

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