Speciale Referendum Riforma Costituzionale

Il quesito referendario è formulato così, riprendendo il titolo della legge di riforma:

scheda-referendum

La formulazione del quesito dà risalto solo ad una parte degli aspetti trattati dalla riforma, quelli che hanno una maggiore portata demagogica, fornendo un quadro parziale decisamente tendenzioso.

Il bicameralismo paritario viene sì superato, modificando il ruolo e la composizione del Senato, ma viene eliminato il diritto dei cittadini di eleggere i Senatori, aspetto questo non menzionato nel quesito.

Il numero dei parlamentari viene ridotto, eliminando circa 200 Senatori, ma lasciando 630 deputati.

Il contenimento dei costi delle istituzioni, oltre a non essere un elemento distintivo di una Costituzione, è pari a meno del 10% dei costi del solo Senato ed è quindi irrisorio in relazione ai costi complessivi delle istituzioni.

Bicameralismo

schemaprocessobicameraleIl “bicameralismo perfetto” prevede che la produzione delle leggi si basi sulla attività paritetica di due Camere . L’esame di un progetto di legge può iniziare indifferentemente da una delle due. Il progetto di legge, con le modifiche approvate da una camera, passa all’esame dell’altra fin quando lo stesso testo viene approvato da ciascuna delle due senza modifiche. Il testo può viaggiare quindi un numero non prefissato di volte, ciascuna delle quali costituisce una “lettura”, tra Camera e Senato e viceversa (la cosiddetta “Navette”)  .

Il bicameralismo rimane e continua ad essere “perfetto” cioè paritario come oggi, per le leggi costituzionali e leggi che riguardano alcune materie.

Dopo l’approvazione, il testo viene sempre mandato al Senato. Le modalità ed i tempi in cui il Senato può esprimersi variano in funzione del tipo di legge.

Si determinano una varietà di situazioni dà luogo ad un numero elevato di procedure, sulla cui esatta quantificazione  ancora non c’è unanimità tra gli esperti : la stima varia da 5 a 12 .

Inoltre la elencazione delle materie in cui si continua a ricorrere al bicameralismo perfetto lascia spazio ad interpretazioni che con ogni probabilità genereranno numerosi conflitti di attribuzione.

Il metodo indicato per risolvere le eventuali controversie tra Camera e Senato appare debole in quanto prevede che siano gli due presidenti – cioè i contendenti – a mettersi d’accordo.

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Il “bicameralismo perfetto” viene additato come causa di lentezza nella produzione legislativa. In realtà i progetti di legge, nella maggioranza dei casi, vengono esaminati in due sole “letture”, quindi una volta per ciascuna Camera, come risulta dai dati riportati nella tabella seguente :datinavette-small

Sulla presunta ‘lentezza’ del procedimento legislativo incidono nella realtà  vari altri  fattori (il confronto politico, le
difficoltà tecniche , la copertura finanziaria, ecc.).(vedi tabella)

Senza tenere contro poi del fatto che l’esame più approfondito da parte di due rami del Parlamento consente di fare leggi migliori : tant’è vero che la riforma prevede di mantenere questo procedimento per i provvedimenti più importanti.

Il vero problema più che la lentezza nella produzione delle leggi, è la loro QUANTITA’ e QUALITA’.

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I fautori del SI sostengono che la Riforma attui uno snellimento ed una semplificazione, rendendo più veloce l’iter legislativo.

Dal punto di vista dei tempi di approvazione delle leggi,  si è già evidenziato (nella domanda “il bicameralismo perfetto blocca il Paese?) che  la  eventuale lunghezza dei tempi di approvazione delle leggi  ha per lo più motivazioni politiche e non è influenzato molto dal bicameralismo perfetto. Lo studio di OpenPolis “Premierato all’Italiana” – basato sui dati del Parlamento – evidenzia che ci sono leggi apporvate in tempi brevissimi (leggi lepre :da 13 a 40 gg) e per lo più sono le leggi di iniziativa governativa di interesse per il programma politico del governo.

Molti sostengono che il problema della legislazione in Italia non risieda nel fatto che ci voglia troppo tempo a fare le leggi ma che se ne facciano troppe e spesso siano fatte male.

Ciò non toglie che risulti opportuno rivedere il processo legislativo e differenziare i ruoli delle due camere .

Infatti anche i fautori del no sono favorevoli al superamento del bicameralismo perfetto, ma ritengono la riforma inadeguata per quanto riguarda il bicameralismo perché:

  • il processo legislativo è descritto in maniera confusa e per certi aspetti ambigua; i procedimenti variano in funzione del tema trattato e ne sono individuati 7 diversi ( secondo alcuni fino a 12);
  • la mancanza di chiarezza crea potenzialmente dei conflitti di attribuzione.  Il metodo individuato per la loro risoluzione è l’accordo tra i presidenti delle Camere, che sono in pratica le parti in causa e sono in numero pari:  non è previsto nessuno strumento per risolvere il conflitto in caso di mancato accordo;
  • altre critiche riguardano la composizione del Senato e la riforma del Titolo V che accentra molte competenze allo Stato sottraendole agli enti locali  (vedi relative FAQ ).

Per queste caratteristiche, i sostenitori del NO ritengono la riforma inadeguata a  conseguire l’obiettivo di una  maggiore trasparenza e semplificazione, introducendo piuttosto potenziali elementi di confusione e di conflitto che possono ottenere il risultato opposto di quello auspicato ostacolando e ritardando il processo legislativo.

 

Numero di parlamentari e assetto del nuovo Senato

Attualmente i  parlamentari sono 945 : 630 deputati e 315 senatori, tutti eletti direttamente. Il Presidente della Repubblica ha facoltà di nominare cinque senatori a vita tra i  “cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario” che si aggiungono ai 315 eletti.

La riforma non modifica il numero dei  deputati, che rimane fissato in 630.

Si prevede che i senatori diventino 95 e non siano più eletti direttamente ma scelti tra consiglieri regionali e sindaci. I senatori di nomina del Presidente della Repubblica non saranno più a vita, ma dureranno in carica per 7 anni.

Il numero di senatori per regione è calcolato in funzione della popolazione e dovranno essere almeno 2 (attualmente il minimo è 7)  per ciascuna regione o provincia autonoma.

 Il numero di parlamentari in Italia in rapporto alla popolazione è tra i più bassi in Europa.

La riforma produce un assetto che non assomiglia a nessuno di quelli degli altri stati con cui in genere vengono evocati confronti su questo tema.
– La Germania ha un ordinamento federale. Ogni regione è uno Stato della federazione e nomina i propri senatori che sono sottoposti a vincolo di mandato e pertanto devono votare in conformità alle decisioni prese dalla propria regione. Inoltre, il “Consiglio federale” (Bundesrat) ha potere di veto sulla legislazione che riguarda le competenze regionali.
– In Francia il Senato è eletto con un sistema a due livelli, che prevede la elezione di 150mila “grandi elettori” che, a loro volta, eleggono i senatori, che non possono avere  incarichi di governo a livello regionale o locale.
– Nel Regno Unito, la Camera dei Lord non è elettiva. Partecipa alla funzione legislativa riesaminando le leggi sottoposte alla sua attenzione dalla Camera dei Comuni o  promuovendone di sua iniziativa. Svolge inoltre una funzione di controllo sul governo. I suoi Membri hanno, collettivamente, competenze enormi e provenienze molto diverse e, individualmente, sono caratterizzati dall’indipendenza delle loro opinioni.

– Il Senato degli Usa, composto da un totale di 100 senatori, ha una funzione di contrappeso a garanzia della divisione dei poteri. Il Senato condivide con la Camera dei Rappresentanti il potere legislativo. Ciascuna proposta, per divenire legge, deve essere esaminata e approvata da entrambe le camere. Se le due camere approvano versioni diverse della stessa proposta, di solito viene nominata una commissione congiunta (conference committee) che elabora un testo di compromesso, da sottoporre nuovamente alle due camere per l’approvazione definitiva. Tutti gli elettori degli Stati membri della Federazione eleggono 2 senatori, in elezioni separate da quelle presidenziali che si svolgono ogni due anni.

Si prevede che il Senato sia  composto da 95 senatori eletti tra  Consigli regionali e sindaci più i 5 senatori di nomina presidenziale.

I Consigli regionali e delle provincie autonome eleggono, con metodo proporzionale, i senatori fra i propri componenti ed un sindaco di un comune del territorio. Nessuna regione o PA può avere meno di due senatori. Ciascuna delle PA di Trento e Bolzano ne ha 2 .

Le modalità di elezione e di attribuzione dei seggi non sono ancora note e saranno definite con una legge approvata da entrambe le Camere. Si presume quindi che questa legge verrà fatta dal Senato attuale, prima delle prossime elezioni.

I senatori decadono quando cessa per qualsiasi motivo il loro mandato regionale.

Il  Senato diventa quindi un organo permanente :  la durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti per cui i Senatori verranno sostituiti in tempi diversi  in funzione della durata del mandato di ciascuno come consigliere regionale o sindaco.

I sostenitori del Sì affermano che con la riforma si attua il senato delle autonomie e si prevede l’elezione “indiretta” dei senatori. Si sostiene inoltre che ci sarà un vantaggio economico per il fatto che i senatori non percepiranno indennità e saranno in numero inferiore.

La riduzione del numero dei parlamentari avviene esclusivamente al Senato: i deputati rimangono 630 a fronte di 100 senatori, alterando notevolmente gli equilibri a favore della Camera.

La modalità di scelta dei Senatori non è stata definita ma rinviata ad una successiva legge ordinaria.

I cittadini sono quindi chiamati  ad esprimersi sulla Costituzione che riforma pesantemente il Senato senza sapere come il Senato stesso sarà composto e quali saranno i criteri che ne determineranno la rappresentatività della popolazione.

I senatori saranno legislatori –  in quanto partecipano alla produzione delle leggi con lo stesso attuale procedimento di “bicameralismo perfetto” su varie materie e hanno facoltà di intervenire, a determinate condizioni, sulle altre – essendo stati eletti però per fare i consiglieri regionali o sindaci : come si possono conciliare le due attività? I compiti attribuiti al Senato sono piuttosto rilevanti ed appaiono inconciliabili con lo svolgimento dei compiti previsti dall’altra carica di livello regionale.

Ci sono poi alcune incongruenze che rivelano una certa superficialità, inammissibile nella modifica della Carta Costituzionale:

  1. Per ricoprire il ruolo di deputato rimane l’indicazione di una età minima, fissata a 25 anni. I Senatori, di norma più anziani dei deputati che infatti nell’attuale assetto devono avere minimo 40 anni, con la riforma possono averne 18;
  2. I senatori di nomina presidenziale, scelti perché “hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario” non rappresentano la Nazione ma gli enti territoriali;
  3. Si dice che i senatori-consiglieri non riceveranno alcuna indennità. E’ ovvio prevedere che i senatori dovranno sostenere spese di trasferta, alloggio, pasti, personale ed ufficio che saranno coperti dal Senato, la cui struttura – in termini di locali , uffici e personale – rimane inalterata; Non si sa nulla riguardo la indennità dei senatori di nomina presidenziale;
  4. I futuri senatori godranno dell’immunità parlamentare – non potranno quindi essere arrestati perquisiti, intercettati. Tale immunità riguarda la persona che potrà quindi goderne anche nel caso commetta illeciti nella veste di sindaco o di consigliere regionale, aprendo al rischio che il Senato diventi un rifugio per i politici locali che hanno problemi con la giustizia.

 

.Costi della politica

Il governo stima un risparmio di 500 milioni di € derivanti dalla riforma , che sarebbero dovuti a : eliminazione del compenso e riduzione del numero dei senatori, abolizione del CNEL e delle Provincie.

Una prima considerazione che va fatta è che la Costituzione  non ha lo scopo di intervenire sulla spesa pubblica e che inserire in una riforma costituzionale la finalità di ridurre i costi della politica ha un sapore demagogico.

A fronte dei 500 milioni di € di risparmi stimati dal governo, la Ragioneria generale dello Stato stima in 49 milioni di € la riduzione di costi derivante dalla riduzione del numero dei senatori e la soppressione della diaria.

Si tenga presente che i costi complessivi di funzionamento del Senato ammontano a 540 milioni di € e che pertanto il risparmio  è irrisorio.

La Ragioneria stima il risparmio per la soppressione del CNEL in 8,7 milioni di €, anch’esso quindi irrisorio.

Non sono quantificati, e non appaiono facilmente quantificabili, i risparmi derivanti dalla soppressione delle Provincie anche perché i dipendenti, anche se in forme organizzative diverse, continueranno ad esercitare le attività di competenza né quelli derivanti dalla determinazione di un tetto agli stipendi dei consiglieri regionali.

Ripartizione di competenza tra Stato e Regioni

Viene profondamente rivisto il riparto di competenza legislativa e regolamentare tra Stato e Regioni. Scompare, in particolare, la competenza concorrente, con una redistribuzione delle materie. (Art 117).  Lo Stato  sarà responsabile esclusivo del coordinamento della finanza pubblica, di alcune politiche, come le politiche attive del lavoro, della promozione della concorrenza e della disciplina dell’ambiente e delle infrastrutture strategiche, mentre resta ferma la “clausola di residualità” che attribuisce alle Regioni la competenza legislativa in materie non riservate alla competenza esclusiva dello Stato indicate in via esemplificativa.

Inoltre, è introdotta la cosiddetta ‘clausola di supremazia’, in base alla quale la legge statale – su proposta del governo – può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva, quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica ovvero la tutela dell’interesse nazionale.

La norma riduce fortemente l’autonomia delle Regioni a statuto ordinario, dando allo Stato potestà legislativa esclusiva su 51 materie (tra cui sanità, governo del territorio, ambiente, turismo) e alle Regioni solo 15 di natura essenzialmente organizzativa.

I sostenitori del sì motivano questa scelta come soluzione per gli effetti negativi determinati dalla riforma del titolo V fatta nel 2001 dovute ad una autonomia delle Regioni per certi versi da molti ritenuta eccessiva, facendo però una inversione a U che porta quindi ad una situazione diametralmente opposta.

Allo Stato viene inoltre  riservato il potere d’intervenire in qualsiasi materia di competenza legislativa esclusiva delle Regioni “quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica ovvero la tutela dell’interesse nazionale”, cioè ogni volta che vuole, vanificando quindi di fatto ogni autonomia.

Applicando queste regole alle sole Regioni a statuto ordinario si crea un’evidente e forte disparità con le cinque Regioni a statuto speciale, che mantengono intatti i loro già vasti poteri.

Secondo alcuni autorevoli giuristi questa modifica del Titolo V è talmente sbilanciata a favore del potere centrale da poter prefigurare una violazione dell’art. 5 della Costituzione (“La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”

Elezione del Presidente della Repubblica

Partecipano al voto solo deputati e senatori: data la natura del nuovo Senato non è più prevista la partecipazione dei delegati delle Regioni.  L’assemblea degli elettori è composta quindi in maggioranza da deputati  (630 su 730). Cambia anche il quorum per l’elezione: resta la maggioranza dei due terzi per le prime tre votazioni, mentre dalla quarta alla sesta votazione servirò la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea  (attualmente è la maggioranza assoluta).  L’aumento del quorum serve a compensare la diversa e sbilanciata composizione dell’assemblea di elettori, che vede una netta prevalenza di deputati .

Dalla settima  votazione in poi bastano i tre quinti dei VOTANTI.

La logica sottostante alla disposizione che prevede dal settimo scrutinio i 3/5 dei VOTANTI non è chiara.

Anche se appare improbabile che l’opposizione o parte della maggioranza decidano di non partecipare alla votazione,  la regola consente di ridurre il numero dei voti necessari alla elezione del Presidente della Repubblica.

Tenendo conto che le leggi elettorali potrebbero determinare uno sbilanciamento eccessivo a favore della maggioranza, potrebbe succedere che dalla settima votazione bastino poche assenze dell’opposizione (magari per malattia o altro impedimento) per consentire al partito che ha la maggioranza  di eleggere da solo il nuovo presidente della Repubblica .

Questa situazione potrebbe poi favorire giochi tattici da parte degli schieramenti politici a scapito di una auspicata, anche se raramente realizzata, trasparente condivisione della scelta della figura più alta di Garante di tutti gli italiani.

Provvedimenti di iniziativa governativa

L’esecutivo ha facoltà di chiedere alla Camera dei deputati di decidere, entro 5 giorni dalla richiesta, che un disegno di legge, indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo, sia messo in via prioritaria all’ordine del giorno e che arrivi a un voto definitivo entro i successivi 70 giorni, con una proroga che non superi i 15 giorni.

I tempi per l’eventuale esame del Senato rispetto all’iter ordinario sono inoltre ridotti della metà mentre i tempi della valutazione e discussione dei possibili emendamenti proposti alla Camera sono inclusi nel limite complessivo di 70 giorni entro i quali il testo deve ricevere la pronuncia in via definitiva.

Sono escluse da tale procedimento, detto a data certa, le materie di competenza di entrambe le camere e i testi di legge su bilancio, ratifica dei trattati internazionali, elettorali, di amnistia e indulto. Servirà un nuovo regolamento della Camera per dare l’indicazione di modalità e i limiti dell’esercizio della nuova prerogativa governativa.

Per quanto riguarda la decretazione d’urgenza, il cui impiego dovrebbe venir ridotto grazie all’introduzione dell’iter a data certa, sono messi in Costituzione alcuni limiti al suo utilizzo, già previsti dalla legge.

La corsia preferenziale, o procedimento “a data certa”, è finalizzato ad assicurare una maggiore rapidità nell’approvazione dei provvedimenti che il governo ritiene fondamentali per l’attuazione del suo programma.

I sostenitori del Sì dicono che in questo modo si limiterà il ricorso alla decretazione di urgenza, che però la riforma lascia invariata nella sostanza.

D’altra parte, lo studio di OpenPolis “Premierato all’Italiana” – basato sui dati del Parlamento – evidenzia che  leggi di interesse per il programma politico del governo possono già oggi essere approvate in tempi brevissimi, anche solo 13 giorni. Infatti la maggioranza, con le Presidenze delle Camere, la conferenza dei capigruppo, è già in grado di controllare l’agenda parlamentare.

Dato che la principale causa di rallentamento nell’approvazione delle leggi (come è stato ad esempio per la legge sulle unioni civili)è l’assenza di accordo politico interno alla maggioranza, viene da pensare che l’inserimento di questa previsione sia funzionale a consentire al governo di soffocare anche il dibattito interno alla maggioranza .

Questo procedimento potrà essere usato anche per approvare leggi che altrimenti verrebbero osteggiate dall’opinione pubblica, che si troverebbe praticamente nell’impossibilità di esprimere il proprio dissenso.

A cura di Caterina Lupo, con contributi di Pietro Stramba Badiale, Maria Meloni, Francesco Cirilli. 

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