test sierologico: la prova del nove
NON PERDIAMO UN’ALTRA OCCASIONE
E’ allo studio per le prossime settimane l’effettuazione sulla popolazione di un esame sierologico finalizzato alla ricerca di anticorpi anti SAR-COV2 nel sangue. Il test non ha niente a che fare con i tamponi, i quali identificano la presenza del virus e non dei suoi anticorpi.
Questo screening è di importanza fondamentale in quanto oltre a darci indicazioni su quanta gente è immunizzata contro il coronavirus, ci dirà che percentuale della popolazione ha avuto con lui un contatto, anche non manifesto; cioè svelerà la percentuale dei cosi detti “asintomatici” (dei quali ad oggi non si sa niente) che, unita a quella di chi ha manifestato la malattia, ci darà il reale quadro dell’impatto che covid19 ha avuto in Italia.
I punti delicati di questo screening sono sostanzialmente cinque:
1) Non essendo possibile per evidenti problemi di ordine pratico testare tutta la popolazione (63 milioni di persone), sarà fondamentale stabilire i criteri di selezione delle persone da sottoporre al test, rispettando quelle regole statistiche di rappresentatività che permettano di ottenere risultati affidabili riferibili all’intera popolazione.
2) Al momento sono disponibili numerosi tipi commerciali di test diagnostico, ognuno con diversa affidabilità, ed è in corso da parte di un pool di esperti l’identificazione del test migliore (per caratteristiche di sensibilità alla presenza di anticorpo, velocità di esecuzione, semplicità di raccolta del campione di sangue, contenimento dei costi).
3) Andrà infine stabilito il tipo/i di anticorpo/i da ricercare; infatti a seconda del tempo trascorso dal contatto col virus avremo il prevalere di un tipo di anticorpo rispetto ad un altro, il che, tradotto, significa che il test può essere finalizzato ad identificare chi ha ancora in corso l’infezione (anche asintomatica), chi è in fase di convalescenza e chi l’ha superata.
4) I dati ottenuti dovranno essere raccolti da un unico, specifico centro di elaborazione, per consentire uno studio omogeneo, indicativo del territorio nazionale ma anche delle specifiche realtà territoriali, e una analisi che abbia validità scientifica.
5) Identificazione dei laboratori ai quali affidare l’effettuazione dei test, preferendo quelli afferenti alla sanità ospedaliera (più facilmente raggiungibili nella fase di distribuzione dei kit, ben rappresentati sul territorio, con affidabili standard di interpretazione e trasmissione dei dati più puntuale) rispetto a quelli territoriali (spesso più costosi, non sempre standardizzabili, col rischio di interpretazione “personalizzata”).
L’importanza del test è cruciale, non solo per i dati sulla infettività del virus e sulla suscettibilità della popolazione, ma anche e soprattutto per le implicazioni pratiche che avrà sulle modalità di ripresa della vita della popolazione. Infatti sapere chi è immunizzato dal virus (cioè chi ha sviluppato gli specifici anticorpi), a che categoria appartiene (sesso, età, attività lavorativa ecc.) e in che zona vive, permetterà di armonizzare la progressiva ripresa delle attività produttive nelle diverse aree del Paese minimizzando il rischio di una nuova ripresa dell’epidemia.
Per quanto detto, è ancor più essenziale in questa fase dell’epidemia la centralizzazione del coordinamento su un pool di esperti (virologi, statistici, epidemiologi, chimici) che dettino norme attuative dello screening a livello nazionale.
Solo questa centralizzazione è in grado di consentire risultati utili per l’intera popolazione, anche se a discapito del protagonismo di qualche Governatore troppo concentrato sulla propaganda e alla continua ricerca di consensi elettorali.
Riccardo Gilli