il caso Diciotti? Parliamo di un reato, non di politica!

La sezione Reati Ministeriali del Tribunale di Catania ha ricevuto nei giorni scorsi dall’On. Gasparri, presidente della giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato, le comunicazioni con le quali il Presidente del Consiglio Conte, il Vice-presidente Di Maio e il Ministro Toninelli si dichiarano corresponsabili col ministro dell’interno della “decisione politica” di impedire per cinque giorni lo sbarco di naufraghi tratti in salvo dalla Guardia Costiera italiana e trattenuti a bordo di nave Diciotti. I PM di Catania hanno aperto un fascicolo nei confronti dei tre politici, fatto dovuto e che non implica ancora alcun giudizio sul loro coinvolgimento nella vicenda, per la quale ad oggi l’unico rinviato a giudizio resta il ministro dell’interno.
In sostanza, è in atto il tentativo di far passare la vicenda Diciotti come il risultato di una decisione assunta congiuntamente dal governo nell’ambito di una politica condivisa che individuava nei respingimenti la soluzione ai problemi derivanti dall’immigrazione, il tutto nell’interesse della sicurezza della Nazione.
Argomenterò ora perché il sequestro di 177 esseri umani fra cui 29 minori a bordo di una nave militare italiana NON è un fatto politico, NON deriva da una decisione politica, NON è un atto volto alla salvaguardia della sicurezza nazionale.
La politica generale di un governo, che sia condivisa o meno dai cittadini, indica le linee sulle quali muoversi per raggiungere le finalità che ci si è prefissati. Riguardo alle modalità di attuazione di queste linee i singoli ministri, ognuno per il settore di competenza, coinvolgono i tecnici (solitamente i Direttori Generali) del proprio dicastero per individuare le strategie atte al raggiungimento del fine politico. Il ministro, a quel punto, ha a disposizione una gamma di strumenti per raggiungere lo scopo prefissato, individua quelli ritenuti più idonei e dispone per la loro esecuzione assumendosi in PRIMA PERSONA la responsabilità delle azioni che ne conseguono.
E’ evidente che in una democrazia qualunque decisione politica, per essere “legittima”, deve mirare al raggiungimento del proprio obiettivo utilizzando strumenti che rispettino pienamente la Costituzione, le leggi nazionali e quelle internazionali.
Fatte queste debite premesse arriviamo alla vicenda Diciotti:
1) Il governo nazionale, come linea politica generale in materia di immigrazione, ha assunto quella di mettere in atto strategie che riducano il numero di persone che sbarcano in Italia attraverso un duplice intervento: uno sulla Libia e la sua Guardia Costiera, fornendo loro gli strumenti utili per evitare partenze dalle loro coste o bloccandole all’interno delle loro acque nazionali, l’altro coinvolgendo altri paesi europei nella distribuzione dei migranti che fossero sfuggiti alla prima azione. Queste due strategie, di cui la prima fortemente criticabile per ragioni di carattere umanitario, appaiono comunque “legittime”.
2) Data questa linea politica generale, il governo nella sua globalità si fa carico sia delle azioni ritenute necessarie per “aiutare” i libici che di quelle finalizzate a concordare con altri stati europei la distribuzione dei migranti eventualmente sbarcati in Italia.
3) Ai ministeri, dell’interno e delle infrastrutture, spetta quindi il solo compito di gestire tecnicamente i casi di migranti che raggiungono le nostre coste.

i naufraghi a bordo di Nave Diciotti

Riguardo alla vicenda Diciotti i giudici della sezione Reati Ministeriali di Catania, con la loro richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell’interno, contestano dal punto di vista penale la sola gestione della fase finale di un naufragio e del successivo salvataggio di naufraghi da parte di una nave militare italiana (cioè il punto 3). Quindi non entrano nel merito di vicende che coinvolgono il governo nella sua totalità e non esprimono giudizi sulla politica migratoria che il governo stesso ha deciso di adottare; in sostanza, i provvedimenti richiesti si riferiscono a vicende tecniche, operative, di gestione pratica, che per definizione afferiscono ai soli ministeri coinvolti.
In particolare, nel caso in fattispecie il Ministero dell’Interno si è assunto da solo la responsabilità di gestire la vicenda, esautorando il Ministero delle Infrastrutture da qualunque coinvolgimento.
Come sappiamo, la decisione fu quella di VIETARE lo sbarco dei migranti da una nave militare italiana già approdata al porto di Catania limitando, di fatto, la loro libertà senza alcuna evidente necessità; come appurato dai Magistrati l’ordine di non far sbarcare i migranti arrivò direttamente dal ministro dell’interno (chi volesse può visionare il testo del provvedimento del tribunale di Catania cliccando qui).
Da quanto argomentato emerge che al di la della fondatezza giuridica della richiesta di processo nei confronti del ministro dell’interno, della disamina delle leggi che avrebbe infranto e della decisione sulla sua eventuale colpevolezza (valutazioni che spettano ai giudici) quella di nave Diciotti è una vicenda squisitamente tecnica, legata a procedure e ordini impartiti da un ministro e non legata a decisioni politiche; e in tutta la vicenda il ministro dell’interno è L’UNICO RESPONSABILE dei fatti.

lo sbarco dei naufraghi al porto di Catania

Il tentativo di coinvolgere nel caso Diciotti altre figure politiche ha il duplice scopo da un lato di alleggerire la posizione del ministro coinvolto, dall’altro di colorare la vicenda di valenze politiche che non esistono; in sostanza si tenta di fare apparire la richiesta dei PM come un illecita interferenza del potere giudiziario su quello politico.
Dobbiamo augurarci che questo tentativo fallisca e che si palesi chiaramente come il rifiuto della autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell’interno costituisca, di fatto, l’ammissione di impunità da parte della nuova casta.
In uno Stato genuinamente democratico e trasparente il ministro dell’interno, e solo lui, dovrebbe essere sottoposto a procedimento giudiziario atto a valutarne l’eventuale colpevolezza al pari di tutti i cittadini, con buona pace di un governo che non sa più a che santo appellarsi per continuare a galleggiare.

Riccardo Gilli

Articolo 95 della Costituzione italiana
Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei Ministri.
I Ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei Ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri.

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