Dallo Stadio della Roma, a una “romanella”(*) di stadio di Giovanni Caudo
[Stadio della Roma – il testo dell’intervento all’incontro “Conversazioni su Roma” del 10 novembre è lungo, ma ridurlo oltre non era possibile.Grazie a chi avrà la pazienza di leggere e arrivare in fondo cfr. https://www.facebook.com/giovanni.caudo?fref=nf&pnref=story]
Il testo è stato ridotto per la pubblicazione su FB dallo stesso Giovanni Caudo (n.d.r.)
Un articolo di Vezio De Lucia su Eddyburg si conclude con una esortazione che condivido quando riferendosi alla Giunta Raggi li esorta al precetto evangelico: “il vostro parlare sia sì sì no no, il di più viene dal maligno”. E invece la strada scelta dalla Raggi anche per l’intervento di Tor di Valle è quella che viene dal maligno. L’Amministrazione Raggi aveva la possibilità, con la conferenza di servizi decisoria ancora formalmente non aperta, di andare in Assemblea Capitolina per ritirare (o formulare in modo differente) il pubblico interesse e riscrivere le condizioni secondo le quali il privato doveva riformulare il progetto in coerenza con il nuovo indirizzo politico. Un processo coerente, trasparente e lineare. Ricordo che stiamo parlando di una procedura ancora in fase istruttoria, con un progetto definitivo che deve essere ancora esaminato da tutti i soggetti coinvolti nella conferenza decisoria; una procedura che non ha comportato alcuna attribuzione di volumetria in capo al proponente e che, come prevedono i tre commi di legge a cui si rifà, completa il proprio iter solo con l’approvazione in Giunta regionale. Alcune volte la “debolezza” della norma può essere un vantaggio per l’interesse pubblico, a costo di saperla leggere e interpretare senza indossare occhiali demagogici e/o, peggio, senza farsi muovere da rivalse personali che sarebbero fuori luogo anche in un asilo.
Niente. Si è scelto purtroppo di riaprire una trattativa sui giornali, fatta di annunci ripetuti e contraddittori, per rinegoziare (in base a quali criteri e con chi?) il contenuto del progetto che però intanto (in modo incoerente) è stato trasferito in Regione per l’avvio formale della procedura della conferenza di servizi decisoria. Si trasforma così la conferenza di servizi, che è un organo tecnico, in un’arena negoziale dove pareri tecnici e valutazioni politiche si confonderanno e, trattandosi di stadio, non mancheranno le tifoserie a dare il loro contributo. Uno scenario peggiore non lo si poteva pensare.
Il 3 Novembre si è aperta la conferenza dei servizi decisoria ma non si sa quale progetto verrà esaminato. Di certo non sarà il progetto di trasformazione urbanistica presentato in coerenza con la dichiarazione di pubblico interesse, e votato dall’Assemblea Capitolina il 22 dicembre del 2014 perché la giunta Raggi non condivide il modo in cui è stato consolidato il pubblico interesse nella delibera precedente; per correttezza amministrativa, coerenza politica, onestà intellettuale e infine rispetto per la città sarebbe opportuno che tutto ciò fosse detto in modo esplicito e che si agisse di conseguenza e in trasparenza. Ma per questo ci vuole coraggio, e allora meglio fare melina. Roma torna Roma.
A proposito di trasparenza, che cosa si aspetta ad esporre il progetto definitivo consegnato dal proponente alla Casa della Città e portarlo a conoscenza dei cittadini, così come è stato fatto nelle due consegne precedenti? E cosa si aspetta a far ripartire l’attività dell’Osservatorio su Tor di Valle composto da cittadini e associazioni (anche contrari) che istituimmo insieme ai due Municipi nel Luglio 2015?
Si contesta l’enormità dei metri cubi concessi “in cambio” di opere pubbliche, la stessa critica fatta fin dal luglio del 2014 e continuamente ricordata nelle pagine de Il Messaggero in una campagna di stampa contro il progetto, condotta, evidentemente, nel chiaro interesse della città e del bene comune. E’ un punto questo che ritorna ancora in questi giorni: “sì allo Stadio ma no alla speculazione dei tre grattacieli”, tanto da assumere come criterio unico del successo dell’azione pubblica la riduzione della cubatura. Si intravvedono già i titoli dei giornali con la piena soddisfazione della sindaca Raggi, ma anche, a questo punto, immagino del proponente privato se, come sembra riuscirà a trovare un’Amministrazione così compiacente da scioglierlo dall’obbligo di dover realizzare le opere pubbliche (l’ammontare solo di quelle che consolidano il pubblico interesse è di 195 milioni) a cui è vincolata l’apertura dello Stadio e che nel complesso, con anche il parco fluviale, ammontano a quasi 400 milioni di euro.
Il mantra della riduzione della cubatura domina fino al punto da rendere pubblica l’intenzione di cancellare le opere pubbliche che garantiscono la sostenibilità ambientale (specialmente quella legata ai trasporti) e che consolidano il pubblico interesse. Chi ha letto la delibera con cui è stata affermata la dichiarazione di pubblico interesse, sa che questa possibilità è già prevista ma non a seguito della cancellazione delle opere pubbliche che il privato invece è obbligato a realizzare. Nessuno in buona fede e con a cuore gli interessi della città può sostenere che il Ponte dei Congressi risolve l’accessibilità a uno stadio di 60 mila posti a sedere. Così come l’impossibilità, per l’incapacità gestionale dell’Atac, di realizzare la diramazione della Metro B, non toglie l’obbligo di avere 16 treni l’ora a Tor di Valle, che dovranno essere assicurati dalla trasformazione in metropolitana (un treno ogni tre minuti) almeno in quel tratto, della Roma Lido. Anche questo è già previsto nella delibera del 2014. Quante bugie si raccontano per nascondere le debolezze.
Bugie ma anche omissioni, come quando non si dice che se si sceglierà la Roma Lido non si potrà più vincolare il proponente ad aprire lo stadio contestualmente al rispetto di assicurare il vincolo del 50% di utenti serviti dal trasporto su ferro, perché non dipenderà più da lui la realizzazione dell’opera che è della Regione e gestita da Atac. E si omette anche che il servizio della Roma Lido, ancorché potenziato, per chi dalla città vorrà raggiungere lo stadio, dovendo cambiare treno a Piramide, ha una curva di preferenza piuttosto bassa e rischia di non conseguire l’obiettivo; senza contare i rischi per la pubblica incolumità nel momento del cambio sulla banchina di Piramide quando qualche migliaio di persone dovranno scendere e prendere la metro B.
Il paradosso verso cui si sta incamminando il Comune di Roma è che non avendo il coraggio di dire no all’intervento di Tor di Valle dice sì allo Stadio senza opere pubbliche e quelle poche che ci saranno le avrà pagate il pubblico! Ancora, come sempre a Roma: profitti privati e pubblicizzazione dei debiti. Ma non doveva cambiare tutto?
Dallo Stadio della Roma a una romanella(*) di stadio, per questo oggi ancora più di ieri occorre pretendere quanto scritto da De Lucia: “il vostro parlare sia sì sì no no, il di più viene dal maligno”.
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(*) Romanella è un termine del dialetto romanesco con cui si indica un lavoro fatto con superficialità, con scarsa professionalità e cura. Ma la romanella è anche un piatto di pasta ricucinato che Aldo Fabrizi raccontò in un sonetto:
[…]
Si avanza un po’ de pasta, mai buttalla:
se sarta co’ un po’ d’acqua solamente,
pe’ falla abbruscolì senz’abbrucialla.
E la riuscita de ‘sta Romanella
che fa faville e che nun costa gnente
dipenne da ‘na semplice padella.
Mia moglie, romana de Roma da generazioni, mi comunica che la romanella é un vino frizzantissimo che, una volta stappato, esce impetuosamente dalla bottiglia, schizzando i presenti, é molto dolce e in genere rosso o rosato. Mia moglie ha conosciuto bene zio Aldo, cioè Fabrizi, lei da piccola frequentava Cinecittà poiché il padre ne era Direttore tecnico dall’inizio per oltre 20 anni
L’articolo é molto interessante e mi domando se non sia il caso che abbia diffusione anche tra i 5Stelle, cercherò di farlo io